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La buona lievitazione

Uno sguardo ai tipi di lievito

Un promo dei videocorsi “La pizza secondo Lucullus” su YouTube recita: “Si va bene; ma il lievito, cosa fa esattamente dentro l’impasto?”
Viene spontaneo pensare: “Ho messo il lievito nell’impasto ed è normale che lieviti ma, cosa succede esattamente?”. 
Sarebbe come dire: ho messo la benzina nella macchina ed è normale che questa corra.
Ma è proprio così semplice?
Il carburante è sì l’elemento principale, ma è comunque subordinato a una serie di passaggi legati ad altri meccanismi che danno il risultato finale. L’allineamento delle valvole, la scarica elettrica al momento giusto, il sincronismo di tutte le parti elettriche e meccaniche, e infine un sistema di raffreddamento per evitare l’eccessivo riscaldamento.
Ma per far sì che la macchina si possa muovere sono necessari ingranaggi, giunture, trasmissione e pneumatici, oltre ad una serie di elementi che garantiscono sicurezza e confort e oltre al design.
L’esempio può sembrare banale, ma sapere anche in modo approssimativo la funzione di alcuni elementi è utile per migliorare il risultato finale, aumentare la prestazione e ridurre i consumi.
Storicamente l’uso del lievito si perde tra storia e leggende; alcuni ne attribuiscono l’invenzione agli Egizi, altri ai Babilonesi, e altri ancora agli antichi Sumeri che lo usavano per pane e birra.
Nella Bibbia il pane è già menzionato, celebre la frase “guadagnerai il pane con sudore”. Va sottolineato che il vocabolo “pane” intende sempre impasto con lievito, e “Azzimo” quando non ha subito fermentazione. 
Nonostante se ne facessero uso, il merito di aver compreso il funzionamento dei lieviti è da attribuire al biologo e chimico francese Louis Pasteur, che effettuò studi sui microrganismi che alteravano la birra e il vino; Pasteur scoprì che alcuni saccaromiceti sviluppandosi in modo naturale se non annientati (da qui la Pastorizzazione) si rivelano a volte dannosi per il nostro organismo, altre volte possono essere sfruttati a vantaggio dell’uomo.
In sostanza i lieviti sono dei microrganismi presenti nell’aria e nell’acqua che, in condizioni favorevoli, si moltiplicano. Nella panificazione, in seguito alla maturazione, attivano una fermentazione e relativa produzione di gas che trattenuto dal tessuto glutinico provoca il rigonfiamento del prodotto.
Mentre in pasticceria si fa uso anche della lievitazione chimica e fisica, in pizzeria in linea di massima si adotta la lievitazione biologica.

La lievitazione biologica
La lievitazione biologica è data dalle molteplici trasformazioni delle molecole per effetto degli enzimi e dall’azione dei lieviti. La quantità dei processi di trasformazione è stata catalogata in diverse centinaia, da questo è facile dedurre che usando lo stesso impasto, una pizza prodotta a una data ora non potrà mai avere caratteristiche identiche se prodotta qualche ora dopo.
La lievitazione biologica si sviluppa da colonie di microrganismi di vario tipo, i più usati in pizzeria sono i “saccaromiceti” e “lattobacilli” che si sviluppano anche in modo naturale.
Le modalità d’uso dei lieviti sono infinite e spesso personalizzate, ma tutti i lieviti agiscono (come riportato nella dispensa “La Pizza secondo Lucullus”) in base al T.T.U. (Tempi, Temperature e Umidità) dove per Tempi si indica spunta, lievitazione ecc.; per Temperature si indica ambiente, impasti, cella ecc. e per Umidità si indica la quantità di acqua presente nell’impasto e l’umidità della stanza dove riposa il panetto.
Tra i saccaromiceti ci sono quelli definiti “selvaggi” presenti nell’aria e che possono variare da un ambiente a un altro: di questi non solo non se ne conosce la provenienza, ma spesso non se ne conosce la quantità.
Il più usato in panificazione e pizzeria è il lievito fresco o compresso, meglio conosciuto come lievito di birra, ricco di saccaromiceti del tipo “Cerevisiae” resi stabili in quanto “addomesticati” in laboratorio.
Tale lievito lo si trova in commercio in panetti da 25 - 40 - 500 grammi con scadenza limitata in quanto ricco di acqua.
Il lievito secco (ricavato sempre dallo stesso ceppo, ma essiccato) non ha riscontrato un grande successo in quanto la parte esterna essendo dura impone che sia sciolto a temperatura di 35°-38°C.
Il lievito secco attivo invece non ha riscontrato disagi in quanto per proteggere il nucleo invece della crosta viene usato un grasso particolare che si scioglie facilmente a contatto con l’umidità.
Il vantaggio di questi lieviti è senza dubbio la stabilità, perché seguendo un certo iter che di seguito diventa abitudinario, offrono l’opportunità di una lavorazione standard e semplificata, salvo eccessivi sbalzi di temperatura.
Anche i “surrogati” di questo lievito sono molteplici e ogni pizzaiolo si industria a ricavarne il meglio creando Pre-impasti di ogni genere spesso complessi e laboriosi, come ad esempio la Biga corta o lunga, il poolish breve ripreso a biga, il riporto reso acido e aggiunto per migliorare l’attività amilasica ecc. ecc.
La differenza sostanziale tra un panettiere e un pizzaiolo sta nel fatto che il panettiere ha una produzione programmata, mentre per il pizzaiolo la produzione è sempre un’incognita e di conseguenza si inoltra in lavorazioni spesso occasionali, a volte finalizzate a riciclare gli impasti avanzati.

Il lievito Madre
Come nella panificazione anche in pizzeria si sta riscoprendo il Lievito Madre (lievito naturale, pasta acida, criscito, ecc.) realizzato con semplice acqua e farina o con aggiunta di svariati prodotti atti a stabilizzare il prodotto finale.
La fermentazione del lievito madre può avvenire per effetto dei saccaromiceti o altre colonie come ad esempio lattobacilli che si sviluppano in modo naturale o che vengono aggiunti.
Realizzare un lievito madre naturale è semplicissimo, basta un po’ di farina, acqua, buona volontà e tanto tempo da dedicare, ma il vero impegno non consiste nella semplice preparazione che, per avere un buon risultato dura oltre tre settimane, con lavaggi e risciacqui quasi giornalieri, ma nella continuità di impegno per il mantenimento.
Alcuni pizzaioli che hanno dedicato diverso tempo per la preparazione del lievito madre naturale sono riusciti ad avere una stabilità quasi costante.
Nonostante il prodotto finale è di gran lunga superiore sia per aroma che digeribilità, elasticità ecc. a lungo andare, purtroppo, molti pizzaioli abbandonano il lievito madre a causa della sua eccessiva laboriosità.
Negli ultimi anni alcune aziende, considerata la volontà di panificatori e pizzaioli di fare un salto al passato, dopo aver installato laboratori di produzione di lievito madre per facilitarne la stabilità nella fase di distribuzione, la disidratano facilitando il laborioso impegno degli addetti. Altre aziende propongono un congegno di preparazione e mantenimento completamente autogestito.
Per concludere si potrebbe sottolineare che la tecnologia sta entrando nella pizzeria a tutto tondo, con macchinari che facilitano il lavoro, ma nello stesso tempo che fanno riscoprire tipi di lavorazioni che si stavano abbandonando in quanto eccessivamente impegnativi.


26/04/2011

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